Ma i medici che pensano al palato e non pensano ai denti, inventando di tutto pur di scombussolare l’occlusione con il trattamento, come bambini incoscienti che vogliano giocare con le lucertole e se il paziente, soggiogato dal tono serio e professionale, si presta fiducioso al loro gioco coinvolgente ed affascinato solo dalle prospettive positive dettate dal marketing e non dalle conseguenze successive, questo paziente a fine trattamento per quanto tempo chiuderà gli occhi sulla realtà convinto che di più non si poteva ottenere, che il suo era un caso difficile e quindi continuerà anche per molti anni, a pensare che comunque i propri disturbi non dipendano affatto dall’occlusione ma da altro…da convinzioni indotte e auto-convinzioni perduranti.
Si abituerà mai ad una bocca che chiude male e che lo innervosisce, ad una schiena che non sta diritta e gli crea artrosi, alla forza muscolare sempre più’ fiacca che lo debilita, senza capire che spesso la scienza non è scienza ma prove, metodiche, tecniche, fondate su teorie e supposizioni e vane speranze? No.. e su queste nessuna salute può essere fondata.
Allargare o stringere un palato quindi, non serve assolutamente a niente nella migliore delle ipotesi, né a respirare meglio né a bilanciare un corpo. Se si hanno dei dubbi su questo vuol dire che il bilanciamento muscolare non è stato ancora compreso. La persona alla fine del trattamento camminerà dritta o storta esattamente come era prima della terapia ortodontica. Chiunque può raggiungere il bilanciamento basta che abbia denti laterali superiori con cuspidi palatali o vestibolari sufficienti a creare fosse e stop di Retrusione ed una fossa inferiore quindi che le accolga, questo vuol dire che chi è sprovvisto di una emi-mandibola (quindi mancante di molti denti) è impossibilitato a raggiungere il bilanciamento, fortunatamente stiamo parlando di casi abbastanza gravi. Per tutti gli altri, esso sarà possibile secondo il proprio limite dentario e di volontà e lavoro individuale.
©2006, 2008, 2014 – A. Valsecchi, I. Barra (a cura di C. Morcone)